Che il brand naming sia una questione seria ce lo ricorda il detto latino “nomen omen”, ovvero “un nome, un destino”: gli antichi romani erano infatti convinti che nel nome di una persona si celasse il suo futuro.
Una visione un po’ estrema, ma che di certo rende bene l’importanza del naming.
Cos’è il naming?
Il naming è un’attività aziendale che consiste nell’attribuire un nome a brand, servizi o prodotti.
Richiede sia una buona dose di creatività, che molta ricerca: costituisce infatti uno dei primi elementi con cui il consumatore viene a contatto, e può offrire in modo immediato e intrinseco numerose informazioni.
La percezione del brand è, almeno inizialmente, frutto di una prima impressione: già da queste poche righe si capisce come le scelte di naming portino con loro un grande carico di aspettative e altrettante responsabilità.
Le caratteristiche vincenti del brand naming
Scegliere il nome non è affatto semplice. Quali sono quindi le caratteristiche da tenere in considerazione quando si parla di naming?
Unicità e originalità
Avere un’identità distintiva e differenziarsi dalla concorrenza sono fattori essenziali per il posizionamento di brand e di prodotto: quando si adottano nomi banali o simili a quelli del competitor si rischia spesso di causare confusione e, nei casi peggiori, dei veri e propri flop.
Memorabilità e semplicità
Il nome di un brand non deve necessariamente essere semplice per essere ricordato, ma la brevità di certo può aiutare.
Da un punto di vista fonetico poi, anche il fatto che il nome sia facilmente pronunciabile costituisce vantaggio.
Un’eccezione alla regola? Sicuramente Häagen-Dazs, con un nome tutt’altro che facile!
Coerenza e significatività
Molti dei brand name più conosciuti e apprezzati richiamano alla mente idee e associazioni o descrivono specifiche del prodotto: ricercare coerenza tra le caratteristiche di prodotto e naming può risultare una strategia vincente.
Piacevolezza
Quanto è soddisfacente pronunciare un bel nome?
Cinciallegra, mellifluo, parallelepipedo: le persone apprezzano i nomi che suonano bene!
Anche in questo caso la fonetica e la linguistica giocano un ruolo centrale: occorre prendere in considerazione la lingua del mercato di riferimento per evitare di scegliere suoni troppo duri, inusuali o difficili da ripetere.
Flessibilità
Da un punto di vista pratico occorre che il nome sia adeguabile a nuovi mercati, strategie e sviluppi: deve quindi essere trasferibile e adattabile sia nel tempo che nello spazio.
Cosa succede quando ciò non avviene?
Il messaggio passato potrebbe non essere dei migliori: un po’ come accadde all’azienda statunitense Clairol, quando lanciò il ferro arricciacapelli “Mist Stick” in Germania, senza sapere che in tedesco “Mist” può significare “letame”.
Proteggibilità legale
La registrazione del nome presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi rappresenta una delle tappe fondamentali per garantire la proteggibilità del nome. Allo stesso modo, ogni azienda si deve accertare fin da subito che il nome scelto sia disponibile e non già depositato.
Alcune curiosità sul brand naming
Esiste una vasta raccolta di studi e ricerche sul brand naming, alcune dai risultati davvero sorprendenti!
Name Letter Effect e implicit egotism
Esiste un fenomeno chiamato Name Letter Effect secondo cui le persone tendono a preferire le lettere contenute nei loro nomi: la teoria psicologica alla base di ciò si chiama implicit egotism, ed è osservabile in diverse culture in tutto il mondo!
Ma cosa ha a che fare con il brand naming?
Uno studio dimostra come i nomi delle persone influenzino le loro scelte di tutti i giorni, comprese quelle di consumo. Pare infatti che i consumatori preferiscano i brand che ricordano il loro nome. Curioso vero? (Brendl et al., 2005)
Naming alfanumerico
Secondo uno studio di Gunasti e Ross, i brand names alfanumerici hanno un maggiore impatto in termini di preferenza per i prodotti tecnici (per esempio le automobili), rispetto a prodotti non tecnici (es: cibi e bevande).
Ma non è finita qui: sembra che i consumatori preferiscano acquistare i prodotti il cui nome contiene il numero più alto: ad esempio il prodotto “X-200” è preferito al prodotto “X-100”.
Nomi femminili o maschili?
Recenti studi pubblicati sul Journal of Marketing da Ruth Pogacar sostengono che i consumatori tendano a preferire i prodotti aventi nomi femminili, collegandoli a una percezione di calore/accoglienza maggiore rispetto alla controparte maschile.
Lo studio specifica però che questa ipotesi non vale sempre: quando un prodotto è destinato a un’audience maschile la distanza tra le preferenze di nome scompare.

Esempi di naming
Vediamo di seguito alcuni esempi di brand naming.
IKEA è un acronimo
Sentendo il nome del colosso svedese si potrebbe pensare a una cittadina o a un cognome scandinavo: in realtà IKEA è un acronimo, che combina le iniziali del suo fondatore Ingvard Kamprad con quelle dei luoghi della sua infanzia: la fattoria (Elmtaryd) e il nome del villaggio (Agunnaryd) dove è cresciuto.
Kodak non ha significato
Il nome della celebre azienda statunitense non possiede nessun significato. Eastman disse di aver scelto il nome Kodak in quanto breve, vigoroso, facile da pronunciare e perché non significava nulla. Però è interessante notare quanto il nome sia onomatopeico: ricorda il suono di uno scatto fotografico.
Versace ha una pronuncia misteriosa
Alcune volte il naming non richiede troppi sforzi: è il caso dei brand che assumono il nome del loro fondatore.
Questa tendenza è frequente in alcuni settori, come per esempio nell’abbigliamento oppure nell’automotive: a casa di moda Versace deve il suo nome a Gianni Versace, che la fondò nel 1978 a Milano.
Una curiosità? La corretta pronuncia del nome italiano non è sempre stata chiara, specialmente in ambito internazionale. A ovviare il problema è stato un breve video di presentazione della campagna autunno-inverno 2018.
Twitter è un cinguettio
Un nome decisamente evocativo è quello del social network Twitter: in inglese la parola significa “cinguettio di uccelli”, oppure una “breve raffica di informazioni irrilevanti”
E quale modo migliore per descrivere il funzionamento del servizio?
“What’s in a name?”
“That which we call a rose by any other name would smell as sweet”
Romeo and Juliet – Shakespeare
Questo verso di Shakespeare evidenzia come la questione del nome sia sempre stata oggetto di riflessioni e grattacapi per poeti, studiosi, e uomini qualunque.
Anche per i marketers, l’attività di naming si mostra in tutta la sua complessità: il nome è uno degli elementi fondamentali della brand architecture, le cui possibilità sono pressoché infinite.
In conclusione, il brand name può costituire un biglietto da visita utile, un punto di partenza da cui l’azienda può iniziare a costruire se stessa e mostrare la sua vera sostanza.
Bibliografia e approfondimenti:
- Brendl C. M., Chattopadhyay A., Pelham B.W., Carvallo M. (2005). Name Letter Branding: Valence Transfers When Product Specific Needs Are Active, Journal of Consumer Research, 32, 405-415.
- Gunasti K., W.T. Ross (2010). How and when alphanumeric brand names affect consumer preferences, Journal of Marketing Research, XLVII, 1177-1192.
- Ruth Pogacar, Justin Angle, Tina M. Lowrey, L.J. Shrum and Frank R. Kardes (2021). The Market Advantage of a Feminine Brand Name
- Kohli C., LaBahn D. (1995). Creating Effective Brand Names: A Study of the Naming Process.
- Sunny Arora,Arti D. Kalro and Dinesh Sharma (2015). A Comprehensive Framework of Brand Name Classification. Journal of Brand Management. Vol. 22 (2), pp. 79-116
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