Vi sarà capitato di essere fermati per strada, in aeroporto o nei centri commerciali da operatori con la pettorina dell’Unicef o altre associazioni benefiche che provano a farvi firmare un contratto di donazione. Quello che fanno queste associazioni non-profit si chiama direct marketing ed è un metodo per mettere in evidenza un problema reale in maniera diretta.
Come funziona il direct marketing delle associazioni non-profit?
Personalmente, per poco, pochissimo tempo, mi sono occupato di direct marketing per Unicef. Per intenderci ero uno di quei ragazzi con la pettorina blu che prova a fermarvi nelle vie del centro.
In quello strano mese di luglio della mia vita ho cercato di apprendere qualche “segreto” che utilizzano i venditori per convincere i passanti a sottoscrivere un abbonamento che parte da 25€ al mese.
Prima di tutto sappiate che i venditori non hanno un copione come i call center, ma un preciso canovaccio con all’interno alcune parole che devono essere menzionate assolutamente, come: “gravissima emergenza”, “urgenza”, “gratis”, “solo per oggi”, “con poco”, ecc.
Il direct marketing delle associazioni non-profit funziona in questo modo:
- I venditori fanno una battuta per sembrare simpatici e probabilmente si porranno davanti a voi per rendervi difficile passargli oltre.
- Successivamente vi chiederanno come vi chiamate, come state, dove state andando e che lavoro fate.
- Dopo uno o due minuti di small talk partirà la filastrocca in cui vi diranno che c’è una gravissima emergenza in una pese X africano o sudamericano.
Vi spiegheranno che ogni giorno muoiono decine di migliaia di bambini per malattie totalmente prevedibili come diarrea o febbre e che per salvarli basta poco come una busta di sali minerali (busta che tireranno fuori e vi sbatteranno in mano oltre al depliant con tutti questi dati). Poi vi diranno che quella busta costa 15 o 16 centesimi e che iniziando a donare oggi già domani salverete molti bambini.
La filastrocca finisce sempre con qualcosa di positivo: mostrano un problema e offrono una soluzione. Il mio supervisore terminava sempre con: “anche tu con un piccolo gesto puoi fare tanto”.
In questi pochi secondi il venditore avrà già estratto la biro e sarà pronto a compilare la scheda per la sottoscrizione. Se non lo avrete interrotto starà scrivendo il vostro nome sul modulo. A me hanno detto che si deve iniziare a scrivere appena finito di parlare perché la soglia dell’attenzione delle persone è bassa e così gli dai degli impulsi. Personalmente credo sia più dovuto al fatto che una volta che il venditore ha iniziato a scrivere i passanti si sentirebbero in colpa a tirarsi indietro.
Il direct marketing delle associazioni non-profit funziona?
Nella mia breve esperienza ho visto diversi tipi di persone e per ognuna di loro c’era un approccio leggermente diverso. I ragazzi delle associazioni non-profit usano quelli che in gergo vengono chiamati “innesti” (come quelli di Inception, ma meno spettacolari).
Per esempio se una persona sembra, o si dimostra, tirchia, gli innesti saranno: gratis, solo per oggi, poco, ecc.
Ovviamente non parliamo di metodi infallibili, va a tentativi. Un buon venditore deve riuscire a chiudere tra gli uno e i tre contratti a giornata.
Per assicurarsi questo risultato ci sono diversi modi, il primo è dire un ciao ogni 10/20 secondi (dire un ciao significa, ovviamente, provare a fermare un passante). Oppure provare a fare almeno una quindicina di pitch (il pitch è il discorso completo sulla gravissima emergenza nello Stato x) ogni ora.
Quanto costa il direct marketing alle associazioni non-profit?
Il direct marketing non costa quasi niente. I venditori sono pagati a contratto. Un venditore prende solo ed esclusivamente una commissione per ogni contratto firmato. Se in una giornata non chiude neanche un contratto non guadagna neanche un centesimo.
In questo modo un venditore sarà spronato a dare sempre il 100% e cercherà di firmare il maggior numero possibile di contratti.
Di sicuro questo sistema non agevola i venditori, però in questo modo le donazioni andranno prevalentemente a chi ne ha bisogno.
Io ho trovato un po’ ingiusto questo sistema, probabilmente perché quel lavoro non faceva per me, però non ne sono sicuro. Alla fine i soldi che raccoglievamo servivano a quei bambini molto più che a me, ma d’altro canto non è più corretto essere pagati a ore?