Vi siete mai chiesti cosa spinge un’azienda a scegliere un personaggio noto per rappresentare il proprio brand? E soprattutto, vi siete mai chiesti perché questo tipo di comunicazione è così efficace? Come vedremo, spesso la scelta del testimonial è influenzata dal Neuromarketing.
Il ruolo dei testimonial
Il ruolo del testimonial è quello di trasferire le proprie caratteristiche positive direttamente sul prodotto. Ha la capacità di trasmettere valore e credibilità ad un prodotto o servizio influenzando l’opinione dei consumatori.
Per capire perché la comunicazione che avviene tramite testimonial è così efficace bisogna scavare nella mente delle persone e addentrarsi nel mondo del Neuromarketing. A darci la risposta sono tre fattori principali: neuroni specchio, apprendimento per imitazione ed effetto alone.
Neuromarketing applicato: empatia e neuroni specchio
Gli esseri umani hanno la capacità innata di immedesimarsi nei panni di qualcun altro e di provare le stesse emozioni. Questa caratteristica porta il nome di empatia: a livello cerebrale è attivata e resa possibile dai neuroni specchio, scoperti all’inizio degli anni ’90 da Rizzolatti.
È l’attivazione di questo tipo di neuroni che ci fa sbadigliare quando vediamo qualcuno farlo, ci rende tristi se vediamo qualcuno piangere e ci fa capire lo stato d’animo altrui. In tutti questi casi si attivano le stesse aree cerebrali che sono coinvolte quando quell’azione la svolgiamo in prima persona.
Se l’umore di una persona è in grado di influenzare il nostro stato emotivo, appare evidente l’importanza del ruolo giocato dai testimonial nelle campagne pubblicitarie.
Ciò che prova il testimonial durante l’uso di un prodotto viene percepito, grazie ai neuroni specchio, anche dallo spettatore. La connessione tra neuroni specchio ed emozioni presenta quindi rilevanti implicazioni in termini di marketing e comunicazione. Quando ci emozioniamo siamo più vigili: percepiamo lo stimolo che ha generato l’emozione, lo elaboriamo con attenzione aumentando la probabilità di memorizzarlo.
Coca Cola- “Taste the feeling”
Un esempio, che rende bene l’idea, è quello di Coca-Cola e la sua campagna “Taste the feeling”. La sua comunicazione ruota tutta intorno all’idea che bere una bottiglia di Coca‑Cola sia un piacere che può rendere i momenti quotidiani più speciali.
In questo tipo di spot il contagio emotivo è molto alto, dalla voglia di procurarsi una Coca-Cola ghiacciata al piacere di consumarla.
Bisogna però anche fare attenzione a non forzare questo tipo di comunicazione. Puntare al 100% su campagne emozionali rischia di compromettere il collegamento con la marca: sarà capitato a tutti di aver visto uno spot bellissimo ma di non ricordare il brand.
Apprendimento per imitazione
I neuroni specchio sono anche responsabili dell’apprendimento per imitazione: apprendiamo osservando il comportamento degli altri.
Tendiamo ad emulare il comportamento di acquisto in termini di prodotti, marche, canali d’acquisto dei nostri gruppi di appartenenza nonché i modelli di riferimento.
Questo può tornare utile in quanto si può creare nel pubblico un apprendimento inconscio durante la visione di uno spot o la lettura di un post, per poi trasformarlo in una forma di imitazione che potrebbe tradursi in un acquisto.
La scelta di utilizzare testimonial nelle campagne pubblicitarie si basa proprio sui principi di apprendimento per imitazione. Se il prescelto rappresenta modelli di riferimento per il target dell’impresa la comunicazione risulta molto efficace.
Non bisogna sottovalutare, inoltre, il potere dei mass media che trasferiscono competenze di acquisto proponendo modelli di consumo e stili di vita possibili. I testimonial possono essere molto utili per comunicare i diversi impieghi di un prodotto, il tipo di persone che lo utilizzano ed il contesto sociale più adatto per consumarlo.
Effetto Alone: una distorsione cognitiva
L’effetto alone (“halo effect” in lingua inglese), viene indicato in psicologia come una distorsione cognitiva per cui la percezione di un tratto di una persona o di una cosa viene utilizzato per esprimere un giudizio complessivo su quella persona o quella cosa. In parole più semplici, se pensiamo che una persona sia esperta in un determinato campo probabilmente penseremo che la sua esperienza si estenda anche dove in realtà quella persona non ne ha alcuna.
Ecco degli esempi pratici.
In questi casi abbiamo infatti tre esperti di calcio che diventano testimonial di prodotti e servizi fuori dalla loro diretta esperienza ma che grazie al loro essere famosi acquistano credibilità.
Nel caso in cui l’azienda non volesse legare il proprio brand ad un testimonial, possiamo notare come altri fattori come l’abbigliamento siano in grado di conferire autorevolezza e credibilità ad un soggetto. Pensiamo alle pubblicità di medicinali. Non è raro che nello spot gli attori indossino un camice, nonché abbigliamento tipico di un medico, quindi esperto del settore.
Il Neuromarketing influenza la scelta di un testimonial
Dopo aver analizzato i tre fattori che spingono un brand a scegliere un testimonial, pensi che questo tipo di comunicazione sia realmente efficace? E tu, quanto sei influenzato dai testimonial? Faccelo sapere sui nostri canali. Entra nella community!