Le piattaforme e i servizi in streaming hanno ridefinito le modalità di consumi tv, incidendo anche sulle scelte degli inserzionisti e sul modo di fare pubblicità.
Player dominanti come Netflix o Disney+, i cui ricavi provengono principalmente dagli abbonamenti, si trovano a rivedere i propri modelli di business dovendo affrontare concorrenti come Discovery o Hulu, con modelli ibridi o supportati da pubblicità.
Scopriamo insieme il panorama del settore streaming in Italia, cosa ne pensano i consumatori e in che modo le pubblicità possono essere inserite all’interno delle piattaforme streaming.
Indice dei contenuti
ToggleIl vocabolario delle piattaforme streaming
Quando si parla di piattaforme streaming, spesso si tende a fare confusione tra i diversi acronimi utilizzati per distinguere le modalità di fruizione dei contenuti, i dispositivi utilizzati e la tipologia di contenuto.
I contenuti distribuiti dalle piattaforme streaming sono definiti Over The Top (OTT). Questi contenuti possono essere visualizzati attraverso le Tv Connesse (CTV), ovvero le smart tv e i dispositivi utilizzati per connettersi ad internet, come le console di gioco o i lettori multimediali.
Le CTV vanno distinte dalla Tv Ovunque (TVE), che fa riferimento al consumo di contenuti d’intrattenimento su diversi dispositivi, in qualunque luogo vi sia connessione ad internet.
Il termine OTT fa da ombrello a tutti i contenuti distribuiti attraverso internet, che a loro volta possono essere declinati in altre categorie. Scopriamo insieme quali!
Media OTT
I media OTT o Over The Top sono tutti i contenuti multimediali o streaming che vengono veicolati attraverso internet, che quindi non richiedono l’utilizzo di dispositivi satellitari o di tv a pagamento. Quando si parla di media OTT si fa riferimento sia ai contenuti di intrattenimento, sia agli annunci pubblicitari.
Tra le tipologie di contenuto OTT rientrano i video on demand (VOD) che possono essere distinti in quattro categorie.
Subscription Video On Demand
Gli SVOD sono i contenuti accessibili a coloro i quali abbiano sottoscritto un abbonamento a un determinato servizio. I contenuti sono fruibili illimitatamente dietro il pagamento di una tariffa mensile o annuale. Netflix, Disney+, Amazon Prime sono alcuni esempi di SVOD.
Transactional Video On Demand
I TVOD sono i contenuti che vengono acquistati o noleggiati secondo un modello pay per view. Ovvero, offrendo la possibilità di acquistare uno specifico contenuto senza necessariamente sottoscrivere l’abbonamento all’intero servizio.
Gli store di Amazon Prime o di Youtube sono degli esempi di TVOD, in quanto è possibile acquistare alcuni contenuti anche senza sottoscrivere l’abbonamento alle piattaforme.
Advertising-based Video On Demand
Gli AVOD sono i contenuti fruibili gratuitamente in quanto supportati da pubblicità. Rai Play e Mediaset Infinity sono esempi di AVOD.
Premium Video On Demand
I PVOD sono i contenuti per i quali è necessario pagare un prezzo aggiuntivo nonostante la sottoscrizione ad un servizio streaming. Questo tipo di contenuti si è diffuso durante il lockdown, a causa dell’impossibilità da parte delle case di produzione cinematografiche di lanciare le nuove uscite al cinema.
I film “Mulan” e “Cruella”, visibili dagli abbonati alla piattaforma Disney+ a seguito di un pagamento aggiuntivo, sono un esempio di questa tipologia di contenuti.
Il panorama streaming in Italia
In Italia i grandi player dello streaming sono arrivati relativamente tardi rispetto al resto d’Europa. La ragione è legata alla forte tradizione televisiva del nostro paese e alla presenza di servizi streaming gratuiti, come Rai Play, o collegati ad abbonamenti via cavo, come Sky On Demand o Sky and Go.
In meno di un decennio, il processo di digitalizzazione e la distribuzione dei contenuti via internet ha consentito l’affermazione di nuovi modelli di fruizione, sempre più on demand e frammentati.
Secondo una ricerca condotta da MedioBanca nel 2020, anche a causa della pandemia, 7 milioni di utenti (il 24,6% in più rispetto al 2019) hanno guardato contenuti online, in onda in contemporanea sulla tv lineare.
Nello stesso anno, 24 milioni di utenti (il 48,4% in più rispetto al 2019), hanno fruito di contenuti media attraverso applicazioni gratuite o a pagamento.
Gli spettatori amano lo streaming
Secondo una ricerca condotta da Criteo, 3 consumatori su 5 guardano oltre 5 ore di contenuti streaming a pagamento a settimana. Mentre un terzo dei consumatori guarda oltre 5 ore di contenuti streaming gratuiti.
Questi dati sono spiegati anche dal fatto che le piattaforme streaming hanno modificato radicalmente la fruizione di contenuti, favorendo lo sviluppo di pratiche come il binge-watching, ovvero la visione ininterrotta di numerosi episodi di serie tv.
La stessa ricerca ha rilevato che il motivo principale dell’’incremento di fruizione di contenuti sulle piattaforme streaming, rispetto ai servizi via cavo, riguarda la quantità di contenuti originali offerti.
Inoltre, l’altro aspetto preso in considerazione è la flessibilità nella visione dei contenuti, facilitata dallo streaming.
Gli spettatori ritengono che i contenuti offerti dalle piattaforme in streaming siano di valore superiore rispetto a quelli offerti dalla tv via cavo.
Ma con un occhio al costo
Nonostante il valore percepito dei contenuti streaming sia superiore rispetto a quelli offerti da altre tipologie di servizio, la prima valutazione effettuata dai consumatori riguarda il costo.
Come evidenziato da Criteo, per il 54% degli utenti il primo criterio di scelta di un servizio streaming è il costo dell’abbonamento. Oltre il 50% degli utenti spende meno di 25€al mese per il proprio abbonamento ad una o più piattaforme streaming.
La ricerca evidenzia, inoltre, che 3 consumatori su 4 sarebbero disposti ad accettare l’inserimento di pubblicità a fronte di una riduzione dei costi. Tuttavia, soprattutto per la Gen Z, si rileva parecchia frammentazione sulle modalità di inserimento delle interruzioni pubblicitarie.
Il 24% preferirebbe contenuti totalmente gratuiti accettando interruzioni pubblicitarie, il 29% pagherebbe per un servizio basic con interruzioni pubblicitarie e la possibilità di pagare un premium price per ottenere alcuni contenuti senza pubblicità.
Infine, il 20% preferirebbe contenuti totalmente gratuiti supportati da pubblicità, e la possibilità di acquistare o noleggiare contenuti privi di interruzioni.
Un mercato sempre più concentrato
Secondo l’analisi effettuata dal centro studi di MedioBanca, il mercato dell’intrattenimento, e anche dello streaming, è diventato sempre più concentrato nel corso del tempo. Vediamo un po’ di dati:
- Secondo la ricerca, in Italia, i proventi dello streaming sono aumentati del 42,5% nel 2020. La crescita del settore ha continuato negli anni successivi.
- Il report stilato da EY riporta che alla fine del 2021, si è assistito ad un incremento di 3,2 milioni di abbonati ad almeno una piattaforma streaming.
- Le iscrizioni sono aumentate nonostante alcuni tra i player principali abbiano incrementato il costo degli abbonamenti.
Questo contesto ha favorito lo sviluppo di una nuova fase della cosiddetta “guerra dello streaming”, ovvero la competizione sempre più serrata tra le principali aziende sul mercato.
La concorrenza si sta sviluppando soprattutto sui contenuti, generando un incremento dei costi per le aziende. Pertanto, diverse piattaforme hanno dichiarato l’intenzione di introdurre dei piani di abbonamento con interruzioni pubblicitarie.
La prima a comunicare tale intenzione è stata Disney+ all’inizio del 2022, ed in seguito Netflix, dopo il calo di abbonati subìto ad aprile 2022.
Pubblicità OTT e Streaming: come sarà?
La pubblicità OTT offre molte più possibilità rispetto alla pubblicità trasmessa attraverso la tv lineare o via cavo. Oltre al classico spot che interrompe la visione dei nostri contenuti preferiti, ci sono altre modalità attraverso le quali la pubblicità può essere veicolata agli spettatori. Vediamole adesso.
Pubblicità personalizzata
La pubblicità sulle piattaforme streaming può essere differenziata a seconda dei contenuti visualizzati e delle preferenze degli utenti. Basti pensare a YouTube, le cui interruzioni pubblicitarie differiscono a seconda dell’utente e del dispositivo utilizzato.
Netflix utilizza già un algoritmo per consigliare titoli diversi in base alle preferenze dei propri utenti, e Il medesimo sistema può essere utilizzato anche nella proposta pubblicitaria.
Secondo una ricerca condotta da Amazon Ads, il 73% degli utenti ritiene che le pubblicità siano più gradevoli quando presentano contenuti rilevanti per loro. Inoltre, il 68% dei consumatori ritiene che le pubblicità debbano essere coerenti con il contenuto che stanno visualizzando.
Ad esempio, se si sta assistendo ad un programma di cucina, gli utenti preferiranno una pubblicità che mostri prodotti per la cucina, invece che la pubblicità di un’automobile. Per ottenere pubblicità personalizzate, gli utenti sono disposti a cedere i propri dati.
La ricerca di Criteo mostra come il 30% della Generazione Z e il 32% dei Millennials sarebbero disposti a cedere i propri dati di consumo per ottenere pubblicità personalizzate.
Nessuna interruzione delle emozioni
Conoscere le motivazioni per le quali gli utenti consumano determinati contenuti d’intrattenimento serve agli inserzionisti per comprendere come introdurre interruzioni pubblicitarie.
Mostrare agli spettatori pubblicità coerenti alle proprie motivazioni creerà un’esperienza positiva e li incentiverà ad interagire con il prodotto. Ad esempio, utenti che visualizzano film o serie tv commedia avranno come motivazione principale l’intrattenimento o la voglia di fuga dal proprio stress quotidiano.
I ricercatori Nelson e Meyvis nel 2008 hanno rilevato che l’interruzione dell’esperienza di consumo potrebbe danneggiarla. È per questo che le piattaforme streaming stanno valutando l’inserimento di pubblicità all’inizio o alla fine dei propri contenuti, di durata inferiore ai 4 minuti per ogni ora di consumo.
La ricerca di Amazon Ads mostra infatti che la maggior parte dei consumatori (64%) preferisce che i contenuti pubblicitari vengano mostrati unicamente all’inizio della visione, anche per se per una durata maggiore.
Largo al Product Placement
Il product placement è uno degli strumenti pubblicitari meno invasivi quando si parla di contenuti d’intrattenimento.
I vantaggi principali del product placement riguardano:
- Il celebrity appeal, ovvero l’accostamento del prodotto ad una celebrità, ma anche ad un personaggio cinematografico al quale il consumatore aspira;
- L’esposizione del prodotto, in quanto attraverso il Product Placement è possibile raggiungere consumatori a livello globale;
- L’attenzione dell’audience, dato che essendo parte integrante del contenuto, i prodotti riescono a catturare maggiormente l’attenzione dell’utente senza interrompere l’emozione.
Per queste ragioni, i consumatori più giovani preferiscono questa tipologia di pubblicità. Come evidenziato da YouGov, il 66% dei consumatori di età compresa tra i 18 e i 24 anni ha un’opinione positiva del Product Placement. Inoltre sono tra i consumatori che ritengono di esserne maggiormente influenzati (43%).
In ogni caso, le piattaforme streaming non sono nuove a questa tipologia di pubblicità. Basti pensare che all’interno della terza stagione della serie Stranger Things, prodotta da Netflix, erano presenti oltre 100 diversi posizionamenti di prodotto.
Anche con il Product Placement è possibile personalizzare l’esperienza dello spettatore, in quanto attraverso il Virtual Product Placement è possibile modificare, sostituire o aggiungere prodotti all’interno dei contenuti d’intrattenimento. Un ulteriore vantaggio riguarda la possibilità di modificare i prodotti presenti all’interno di una serie tv o di un film, a seconda del paese in cui vengono trasmessi.
Il caso HULU
Nel comprendere le migliori modalità d’inserimento di contenuti pubblicitari all’interno delle proprie piattaforme, i diversi player stanno analizzando il modello Hulu.
Hulu è un servizio streaming di proprietà al 67% di Walt Disney Company e al 33% della NBC Universal.
Nata nel 2007, Hulu è presente al momento solo negli Stati Uniti e in Giappone. Sin dal suo lancio, il servizio ha offerto due tipologie di abbonamento, una SVOD, di costo superiore, e una AVOD, di costo inferiore.
L’azienda crea valore per i propri inserzionisti, offrendo la possibilità di mostrare pubblicità targettizzate e inserendo le pubblicità in modi diversi. Vediamo come.
Acquisti in-stream
Hulu consente ai marchi di raggiungere i propri obiettivi di conversione in Streaming TV spostando le azioni di conversione dallo schermo TV al dispositivo mobile.
Offrendo quindi agli utenti la possibilità di ordinare la pizza o di effettuare acquisti durante la visione del proprio contenuto preferito.
Scelta dello spot
Su Hulu gli spettatori possono scegliere lo spot al quale assistere, prima dell’inizio del film o della serie tv selezionata.
All’utente verranno presentate due o tre opzioni video. Una volta effettuata la selezione, gli verrà presentata la pubblicità di sua scelta. Se non viene effettuata alcuna selezione dopo 15 secondi, un video nell’unità verrà selezionato casualmente per la riproduzione.
Inoltre, i consumatori possono interagire con lo spot e i prodotti mostrati scegliendo la tipologia di esperienza.
Gli spettatori possono controllare la propria esperienza, scegliendo la durata e il momento in cui vorranno visualizzare la pubblicità. Prima che il film o la serie tv inizi, gli spettatori possono scegliere tra un lungo spot pubblicitario all’inizio o brevi interruzioni pubblicitarie durante la visione del contenuto.
Contenuti offerti
Hulu mostra ai propri spettatori degli annunci personalizzati prima della visione del contenuto selezionato. Il logo del marchio dell’inserzionista viene mostrato con il testo introduttivo “Presentato da” e l’audio della voce fuori campo fornito da Hulu.
I contenuti offerti non vengono unicamente integrati nel contenuto d’intrattenimento. All’interno della homepage di Hulu, alcuni titoli e alcune locandine riportano la dicitura “Offerto da”.
E in Italia?
In Italia esistono già delle piattaforme AVOD, come Rai Play o Mediaset, che però ripropongono contenuti che vengono trasmessi sulla tv lineare.
Recentemente Discovery+ ha introdotto una tipologia di abbonamento AVOD, ad un prezzo inferiore rispetto all’abbonamento SVOD. In tutti i casi però, la modalità d’inserimento delle interruzioni pubblicitarie è quella già sperimentata sulla tv lineare. Si tratta di brevi spot inseriti all’interno del contenuto visualizzato, che quindi interrompono l’esperienza dello spettatore.
Pubblicità dentro le piattaforme streaming? È il futuro!
L’inserimento di pubblicità all’interno delle piattaforme streaming sembra ormai un processo inevitabile.
Tuttavia, come dimostrato anche dal caso di Hulu, i media OTT offrono molte più possibilità alle aziende per pubblicizzare i propri prodotti senza che le interruzioni risultino fastidiose per lo spettatore.
Tu cosa ne pensi della pubblicità sulle piattaforme streaming? Faccelo sapere iscrivendoti al nostro gruppo Facebook.
Per non perdere le ultime notizie dal mondo del marketing, ti consiglio di iscriverti alla nostra newsletter settimanale MarkeThings!