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Harlem Globetrotters, storia di un fenomeno globale

membri della squadra Harlem Globetrotters

La storia degli Harlem Globetrotters è qualcosa che, dal 1926, anno di fondazione della squadra “giramondo”, va oltre il gioco del basket. Nel corso degli anni, sono diventati un fenomeno globale, conosciuto anche dai meno appassionati di sport e capace di combinare intrattenimento, branding e cause sociali. 

Oltre a livello prettamente sportivo, gli Harlem Globetrotters sono un esempio moderno di un franchising progettato in modo ottimale  in tutti gli aspetti. Ma chi sono gli Harlem Globetrotters?

Chi sono gli Harlem Globetrotters?

Gli Harlem Globetrotters nascono come una squadra di pallacanestro di Manhattan dedita solamente ad  intrattenere il pubblico grazie alla comicità, tanto atletismo e uno stile esibizionista. Il motivo per cui venne creata questa crew sembra quasi impensabile,e. I Globetrotters iniziarono come Savoy Big Five, una delle principali attrazioni della Savoy Ballroom, inaugurata nel gennaio 1928, una squadra di basket di giocatori afroamericani che si erano pagati per esibirsi prima dei balli a causa del calo della frequenza al ballo. 

I giocatori sono praticamente dei freestyler, che puntano a mostrare le mosse più strane e impensabili per alzare il livello di intrattenimento. 

Nel corso degli anni, hanno partecipato a più di 26.000 partite in 124 Paesi e territori. Il nome significa, letteralmente, “i giramondo di Harlem”, per l’appunto. La loro divisa bianca, rossa e blu stellata divenne uno dei punti cruciali nell’esplosione degli Harlem Globetrotters. 

Insomma, questi erano gli originali Harlem Globetrotters: una squadra “tappabuchi”. 

Harlem Globetrotters con Soupy Sales (al centro), speciale della CBS Television, 1969.
Harlem Globetrotters con Soupy Sales (al centro), speciale della CBS Television, 1969.

Dal 1939 al 1948, il World Tournament of Professional Basketball si è svolto a Chicago, nell’Illinois. Il torneo comprendeva le migliori squadre della National Basketball League, interamente bianca, e le migliori squadre indipendenti come i Globetrotters e i Rens.

I “Globies” rivoluzionarono anche lo stile di gioco del basket americano, che divenne molto più fluido, con molti più dribbling e anche un maggiore spettacolo per il pubblico. Prima di loro, il gioco del basket era molto più rigido e quasi zero intrattenimento. Uno Slam Dunk, la schiacciata a due mani in acrobazia, era qualcosa di impensabile. 

Inoltre, tutti i giocatori erano afro-americani, in un’epoca dove le divisioni razziali erano ancora molto forti. Perciò, la squadra divenne una sorta di ribalta sociale per dimostrare il loro valore al mondo intero. Abe Saperstein fu l’uomo capace di trasformare una semplice squadra di quartiere in un franchising internazionale. 

L’uomo che rese gli Harlem Globetrotters un fenomeno globale (e non solo)

Il loro stile “razzle-dazzle”, una parola per definire uno stato di ilarità per attirare l’attenzione, ebbe un gran successo di pubblico. Il colore della pelle passava in secondo piano e tutti si divertivano

Saperstein era praticamente l’unico bianco a dare una possibilità agli atleti di colore, così li espose al mercato. Lo stesso Saperstein era ebreo, quindi sapeva benissimo la situazione razziale cosa comportasse, a quei tempi. Così, lui guadagnò enormi profitti dagli eventi organizzati, mentre la comunità di colore aveva sempre più un peso specifico nella società d’allora, il cosiddetto “black empowerment”

La vittoria che cambiò tutto

Nel 1948, i Globetrotters (che erano tutti neri) affrontarono i Minneapolis Lakers (questo, ovviamente, prima che i Lakers si trasferissero a Los Angeles – e va da sé che i Minneapolis Lakers erano tutti bianchi, come il resto della National Basketball League dell’epoca) in una partita di esibizione. 

I Globetrotters, forse senza sorpresa, spazzarono via i Lakers. Una vittoria che, a livello sociale e sportivo, segnò il cambiamento di una mentalità chiusa e poco incline all’integrazione

Un’immagine della partita tra gli Harlem Globetrotters-Minneapolis Lakers del 1948.
Un’immagine della partita tra gli Harlem Globetrotters-Minneapolis Lakers del 1948.

Due anni dopo, il Globetrotter Nat “Sweetwater” Clifton divenne il primo giocatore di basket nero a firmare con una squadra dell’NBA e da allora la lega è completamente integrata.

Ma la lotta alla segregazione continuava 

Una volta, a Jacksonville, Florida, ai Trotters fu rifiutata una stanza d’albergo mentre Judy, uno scimpanzè che giocava a bowling, ebbe la migliore suite dell’hotel con tutte le banane che desiderava. 

Gli Harlem Globetrotter erano sconcertati dal fatto che lo scimpanzé potesse avere la stanza migliore della città, mentre gli umani non bianchi venivano rifiutati. Un gesto che non intralciò il cammino vincente dei giocatori di Harlem, pronti allo sbarco oltreoceano. 

Come evidenziato da Ben Green, autore del libro “Spinning the Globe: The Rise, Fall, and Return to Greatness of the Harlem Globetrotters”, in un’intervista:

“Gli Harlem Globetrotters sono stati una classe di sociologia su ruote, portando i canestri neri e la cultura nera in un centinaio di città del Midwest che non avevano visto nessuno dei due, e nel processo di trasformazione del dott. James Naismith, che a volte veniva ancora giocato in gabbie di filo di ferro da immigrati rozzi con gomiti agitati e crani insanguinati, uno sport più simile al rugby, in un’orchestrazione di velocità, fluidità, movimento, abilità abbagliante e, cosa più improbabile, comicità ispirata”.

L’enorme successo degli Harlem Globetrotters in Europa

manifesto pubblicitario giallo con giocatore di basket che mantiene la pala sull'indice e una valigia nell'altra mano con bandiere di diversi paesi
Una pubblicità sugli Harlem Globetrotters in giro per il mondo.

Il loro atletismo poteva essere sfruttato anche oltreoceano, dove gli Harlem Globetrotters erano qualcosa di inedito. Dal primo viaggio in Europa, nel 1950, la popolarità degli HGB sarebbe stata un crescendo continuo, tanto che il Segretario del Dipartimento di Stato americano Dean Acheson dichiarò: “Il Dipartimento ha seguito i progressi degli Harlem Globetrotters (cestisti negri) e riconosce il loro valore come ambasciatori di buona volontà, in particolare nei paesi che criticano il trattamento riservato dagli Stati Uniti ai negri.”

All’estero, gli Harlem Globetrotters erano persone e giocatori rispettati sotto ogni aspetto. 

“La contraddizione [tra] ciò che gli Stati Uniti si propongono di essere e ciò che effettivamente sono: questo era vero nel 1951 ed è vero ancora oggi” ha dichiarato l’ex-cestista Mannie Jackson che comprò la squadra nel 1992. “All’inizio, i giovani giocatori che uscivano dal Paese erano scioccati da quanto le persone al di fuori degli Stati Uniti fossero relativamente indifferenti alla razza. A tutti piaceva viaggiare fuori dal Paese per la relativa libertà e l’accesso a cose che non erano permesse a casa”

Nonostante “in casa” non erano perfettamente integrati, il brand degli Harlem Globetrotters diventava sempre più imponente. E questo anche grazie all’acquisto di Mannie Jackson. 

Il brand globale degli Harlem Globetrotters

Jackson comprò la squadra per appena 6 milioni di dollari, nel 1993, che comprendeva, oltre lo staff tecnico e i giocatori, il valore di un brand con del potenziale da ricreare, per poi rivenderla nel 2006 per 100 milioni di dollari. 

Al momento dell’acquisto, il brand degli Harlem Globetrotters era leggermente in declino. Jackson, in primo luogo, pose come priorità l’accogliere le esigenze di tutti i vari stakeholder per rilanciare l’appael della squadra. 

Le strategie di rilancio del brand

Il primo compito fu quello di parlare con i proprietari delle arene in cui si esibivano e spiegare i profitti che potevano trarre. Da quel momento, ogni anno venivano istituiti 25-30 camp che accoglievano giovani ragazzi ed entravano in contatto con delle leggende viventi. Inoltre, per ogni evento cittadino, gli Harlem Globetrotters iniziarono ad impegnarsi socialmente visitando ospedali, scuole e circoli ricreativi, donando in beneficenza più di 10 milioni di dollari. Così facendo, era più semplice attirare sponsor e media, per creare maggiore attenzione sul brand. 

In secondo luogo, era importante rendere il prodotto, quindi l’esibizione sportiva, più rilevante. 

Vennero condotte delle ricerche di mercato per capire i sentimenti delle persone verso gli Harlem Globetrotters e il perché del loro declino. Ciò permise di estrarre due insights fondamentali:

  • il brand doveva essere costruito per rappresentare il top dell’intrattenimento sportivo;
  • era necessario progettare partite dall’alto tasso tecnico per dimostrare che anche loro sapevano giocare a basket professionalmente. 

Seguendo questa logica, il terzo punto è collegato al precedente: rendere l’organizzazione tecnica più responsabile, affidabile e preparata dal punto di vista tattico. 

Vennero creati training camp per formare gli allenatori e preparatori per rendere il business più appetibile dall’esterno. Inoltre, per ogni partita venne implementato il reparto finanziario degli Harlem Globetrotters per un miglior uso delle risorse. Veniva creato poi un forecast con i presunti costi, ricavi e profitti. Alla fine di ogni partita, Jackson insisteva per ricevere un documento che paragonasse i risultati effettivi con quelli previsti. 

Emozioni, divertimento e spettacolo: la formula di successo degli Harlem Globetrotters

La loro crescita esponenziale era data da un semplice fattore, che rappresenta la base del fare branding: creare una connessione emotiva con il proprio pubblico. Gli Harlem Globetrotters, innanzitutto, avevano impresso nella mente delle persone la loro immagine, grazie alle divise bianco, blu e rosse inconfondibili. 

In secondo luogo, facevano divertire gli spettatori, spesso coinvolgendoli fisicamente,  con mosse inedite, divertimento, allegria, il tutto in un contesto perfetto per famiglie e bambini. 

Gli Harlem Globetrotters chiedono l’annessione all’NBA

In merito a ciò, gli Harlem Globetrotters hanno firmato una petizione nel giugno 2021 per chiedere di essere integrati all’interno dell’NBA, per competere a livello agonistico. Nella lettera “Spread Game Manifesto”, descrivono alcuni motivi fondamentali per accettare la loro richiesta: 

“Il primo giocatore nero a firmare un contratto NBA: Nat Sweetwater Clifton, un Harlem Globetrotter. Il primo nero a giocare in una partita dell’NBA: Earl Lloyd, un altro Globetrotter. Anche se è stato difficile vederli andare via, siamo stati orgogliosi dei nostri giovani neri per aver introdotto un cambiamento così significativo nel gioco […]

“Quindi, se credete davvero a quello che avete detto sulla giustizia sociale, il ritorno alla “normalità” deve avere un aspetto diverso. Non si può far finta che non esistiamo più. È tempo di raddrizzare i torti e riscrivere la storia. È ora che l’NBA onori ciò che i Globetrotters hanno fatto per il NOSTRO sport, sia qui negli Stati Uniti che nel resto del mondo.”

Il brand degli Harlem Globetrotters oltre il parquet da gioco

Nel 2013, gli Harlem Globetrotters sono stati rilevati dalla Herschend Family Entertainment, una delle più importanti società americane nel settore dell’intrattenimento. 

Attualmente, a capo della squadra si trova Keith Dawkins, un dirigente con più di 17 anni d’esperienza tra Viacom e Nickelodeon, che ha intenzione di elevare ancora di più l’appeal del brand. Come? 

Diversificazione del portfolio prodotti e focus su partnership

Il primo obiettivo di Dawkins è quello di rendere l’esperienza Globetrotters oltre le semplici partite d’intrattenimento, cioè legarsi a realtà con voglia di mettersi in gioco. Dawkins vuole rendere il brand degli Harlem Globetrotters qualcosa sempre più legato al mondo lifestyle, in modo da coinvolgere un pubblico ampio e variegato. 

La prima è stata una partnership con il rivenditore di abbigliamento per capelli Lids, annunciata all’inizio del 2022 nell’ambito dell’iniziativa “They Gave Us Game” di Lids, in cui tre istituzioni sportive nere avrebbero avuto capi di abbigliamento e accessori venduti tutto l’anno in più di 700 negozi Lids.

A giugno il marchio ha anche collaborato con il creatore di streetwear Undrcrwn per una capsule. Per il 2022 e il 2023 sono previsti diversi accordi con marchi di abbigliamento, tra cui Hybrid Apparel, Junkfood Clothing, Il franchising di panini Jersey Mike’s come presenting partner dei Globetrotters per la stagione, 19nine e Sprayground.

I Globetrotters hanno anche stretto accordi di partnership con l’azienda di grafica murale Fathead e con il marchio di NFT personalizzati Hybrid Meta NFT.

Gli Harlem Globetrotters ambasciatori di socialità, equità e inclusività

Da sempre, la squadra originaria di Chicago si batte per essere un esempio di integrazione e anti-razzismo. Ricordiamo Dawkins e l’ingaggio di Lynette Woodard nel 1985, la prima volta che una donna ha giocato in una squadra di basket maschile.

“Siamo ambasciatori di buona volontà”, ha dichiarato Dawkins ad Adweek. “Stiamo svolgendo un lavoro di impatto sociale nelle aree della salute e del benessere, dell’istruzione e dell’empowerment della comunità, che sono i nostri tre pilastri strategici. Siamo stati diversità, equità e inclusione prima che venisse usato”.

Cosa ci lascia la storia degli Harlem Globetrotters

Dal 1926, gli Harlem Globetrotters hanno giocato in più di 100 Paesi, con più di 27.000 partite giocate e 148 milioni di spettatori complessivi. Numeri che confermano l’entità enorme di una squadra che è qualcosa di più di un semplice intrattenimento. Come abbiamo visto in precedenza, sono stati fortemente legati alla lotta contro il razzismo e hanno visto gli albori dell’NBA prendere forma, sapendo sfruttare il valore sociale per diventare un fenomeno globale. 

Le differenti visioni di Saperstein, Jackson e Dawkins hanno portato gli Harlem Globetrotters in giro per il mondo, lasciando più di un sorriso per le loro acrobazie. Il loro branding e marketing socio-culturale è qualcosa inciso nel loro DNA, impossibile da cancellare e da non tramandare nel corso degli anni. 

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