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Marketing per strizzacervelli: il neuromarketing

Cervello trasparente e luminoso che fluttua su sfondo viola. Fonte: Marketing Ignorante

Il neuromarketing è una disciplina che applica le neuroscienze nel marketing, attraverso lo studio dei processi irrazionali che avvengono nella mente del consumatore e che influiscono inconsapevolmente nelle decisioni di acquisto. In questo articolo vedremo cos’è il neuromarketing, alcuni esperimenti condotti negli anni e come l’emotività gioca un ruolo chiave nei processi decisionali.

Cos’è il neuromarketing?

Il neuromarketing è una disciplina che prende in esame il nostro inconscio e le nostre risposte emotive durante i processi decisionali e di acquisto. 

Analizzando come e quali processi inconsapevoli si sviluppano nella mente del consumatore, è possibile “plasmare” una comunicazione basata sui 5 sensi, con l’obiettivo di migliorare il suo coinvolgimento emotivo nei confronti di un brand.

Alcuni esempi del suo impiego nel digital marketing possono essere attribuiti alla User Experience, negli e-Commerce, nella SEO e nel Web Advertising.

I tre livelli del cervello umano

Il neuromarketing si basa su una teoria sviluppata nel 1972 dal neuroscienziato Paul MacLean, secondo cui esistono tre aree distinte del cervello che svolgono funzioni completamente differenti l’una dall’altra ma che, influenzandosi a vicenda, incidono in modo rilevante nel processo decisionale del consumatore.

Queste tre aree sono: il Cervello Rettiliano, Limbico, e quello Razionale.

Posizionamento del Cervello Rettile, Limbico e Razionale. L'immagine ha il fine di dimostrare quali parti del cervello è in grado di misurare il neuromarketing. Fonte: Marketing Ignorante
Posizionamento del Cervello Rettile, Limbico e Razionale

Il Cervello Rettiliano controlla gli impulsi istintivi

Il Cervello Rettiliano, il più antico, controlla gli impulsi istintivi associati alle funzioni vitali e di sopravvivenza. È la sede del pensiero irrazionale e si attiva in risposta a stimoli come la competizione, il possesso, l’ottenimento.

Una comunicazione basata su scarsità ed urgenza accende il Cervello Rettiliano, proprio perché questi due fattori innescano l’istinto di “sopravvivenza”. L’unica cosa che può spegnerlo è una gratificazione istantanea basata sul possesso del prodotto.

Il Cervello Limbico gestisce emozioni e relazioni

Il Cervello Limbico, sviluppato nei primi mammiferi, gestisce emozioni e relazioni: si attiva in risposta a stimoli come curiosità, piacere, fiducia e sentimenti.

Un ruolo chiave nell’attivazione del Cervello Limbico lo ha lo storytelling. Comunicare valori positivi, immagini evocative, storie che coinvolgano il consumatore e che lo facciano sentire parte della storia stessa scaturisce un processo di identificazione con l’azienda, che può essere gratificato soltanto compiendo l’acquisto.

Il Cervello Razionale esegue i processi cognitivi

Il Cervello Razionale, il più recente dei tre, esegue i processi cognitivi come riflessione, logica e realizzazione di strategie di adattamento.

È l’unica area del cervello che valuta numeri e statistiche ed effettua confronti come “prima e dopo” oppure “pro o contro”. Seppur sotto il nostro diretto controllo, è in realtà fortemente influenzata dalle scelte subconsce del Cervello Rettiliano e Limbico.

Un esperimento di neuromarketing: quali stimoli attivano le aree del cervello?

Un esperimento condotto nel 2006 da Brian Knutson, professore di psicologia e neuroscienze presso la Stanford University, ha rivelato come il cervello risponda positivamente o negativamente di fronte a determinati stimoli.

L’esperimento consisteva nel mostrare ad un gruppo di persone diversi prodotti, come il cioccolato, e nell’osservare quale parte di cervello si sarebbe attivata nell’esatto momento in cui avrebbero visto il prodotto.

L’esperimento di Knutson in 3 fasi

Knutson, durante i primi 4 secondi dell’esperimento, ha visto attivarsi nei partecipanti il Nucleus Accumbens, il diretto responsabile di processi cognitivi come avversione, motivazione, ricompensa e desiderio. È l’area che provoca risate, dipendenze, ed emozioni positive.

Nei successivi 4 secondi, mostrando il prezzo del prodotto, è stata riscontrata una forte attivazione dell’Insula, l’area che provoca principalmente emozioni negative come ira, paura, ansia, disgusto e tristezza.

Osservando poi le risposte neurali dei 4 secondi successivi all’attivazione dell’Insula, una seconda attivazione più forte avveniva nella corteccia prefrontale mediale, relativa alla scelta definitiva.

Esperimento di neuromarketing di Knutsnon: mostra le tre aree del cervello che si attivano di fronte a diversi stimoli. La sola immagine del cioccolato stimola il Nucleus Accumbens. Il cioccolato associato al prezzo stimola l'Insula. La possibilità di scegliere "si" o "no" in 4 secondi stimola la corteccia prefrontale mediale. Fonte: Marketing Ignorante
Rappresentazione delle 3 fasi dell’esperimento di Knutson, con relative aree del cervello che vengono stimolate

La scelta di un prodotto può essere prevista

Terminato l’esperimento, è stato chiesto ad ogni partecipante quale è stato il momento esatto in cui ha capito di aver preso una decisione. I partecipanti hanno risposto di aver preso la decisione finale soltanto negli ultimi 4 secondi.

In realtà, grazie agli stimoli positivi (cioccolato) attivati nel Nucleus Accumbens e quelli negativi (prezzo) nell’Insula, il processo decisionale era già iniziato 8-12 secondi prima della scelta definitiva.

Un esperimento di neuromarketing che mostra la scansione di un cranio umano: è possibile vedere quali aree del cervello si attivano durante il processo decisionale di acquisto, dimostrando che le scelte effettuate avvengono ben prima che le esplicitiamo. Fonte immagine: Neuron Cell Press
Il processo decisionale stimola 3 differenti aree del cervello. Il grafico mostra in quali fasi siamo predisposti ad effettuare l’acquisto. Fonte: Neuron Cell Press

Il risultato di questo caso studio è che sia possibile prevedere le scelte delle persone ancor prima che si rendano conto di aver preso una decisione.

Pepsi vs Coca-Cola: neuromarketing o branding?

Altro esperimento riguarda Pepsi che, nel 1975, ha lanciato una mossa di marketing contro Coca-Cola, definita “Pepsi Challenge”.

Questa sfida consisteva nel far assaggiare le due bevande ad un gruppo di persone, senza rivelare quale fosse la Pepsi e quale la Coca-Cola: il risultato fu che oltre il 50% dei partecipanti preferirono il sapore della Pepsi

Ma c’era un problema: la quota di mercato di Pepsi non superava il 20%, contro il 40% della Coca-Cola.

Data la somiglianza nella composizione chimica, non era il sapore il motivo per cui i consumatori acquistavano Coca-Cola, ma lo erano i meccanismi biologici, le emozioni, i ricordi e le abitudini della società.

Un nuovo esperimento conferma i risultati della Pepsi Challenge

Catturato dai risultati della campagna del 1975, il neuroscienziato americano Read Montague decide di replicare nel 2004 l’esperimento della Pepsi Challenge utilizzando la risonanza magnetica funzionale su 67 partecipanti.

In questa nuova versione dell’esperimento vengono offerte ancora una volta le due bibite in bicchieri anonimi, che i partecipanti assaggiano poco prima di entrare nella macchina per la risonanza magnetica.

Mentre i partecipanti hanno il compito di pensare all’esatto momento in cui hanno assaggiato le bevande, quello di Montague è di comprendere meglio il loro movimento neurale mentre scelgono.

Proprio come nel 1975, anche il nuovo test dà come risultato che più della metà delle persone preferisce Pepsi.

Coca-Cola viene percepita migliore rispetto a Pepsi

Grazie ai nuovi strumenti, come la risonanza magnetica, l’elettroencefalogramma o l’eye tracking, è finalmente possibile ottenere nuove informazioni rispetto a 30 anni prima.

Durante l’assaggio anonimo, nei partecipanti al test si attiva l’area cerebrale che percepisce i gusti piacevoli.

Se però ai partecipanti viene rivelato il marchio della bevanda prima dell’assaggio, oltre ad attivarsi l’area del gusto si attiva anche l’area del giudizio, causando un conflitto tra le due aree cerebrali dalle quali Coca-Cola ne esce quasi sempre vincitrice.

Ma cosa ha di così speciale Coca-Cola rispetto a Pepsi? Il marketing.

Grazie alle importanti campagne, Coca-Cola è riuscita a farsi percepire come un brand familiare, perciò migliore rispetto a Pepsi, nonostante quest’ultima venga preferita nel gusto.

Il neuromarketing sviscera il subconscio per trarre informazioni

Il legame emotivo che instauriamo con il brand è così potente che riusciamo a farci condizionare inconsciamente nella scelta tra due prodotti simili.

Il neuromarketing ha il compito di misurare con profondità questa relazione tra il consumatore e i brand, ricorrendo anche all’uso dei 5 sensi attivati in strategie di marketing sensoriale.

Questa disciplina è indispensabile in quanto non basta più chiedere alle persone ciò che vogliono o preferiscono.
Non sempre gli individui dicono ciò che pensano, sia per vergogna che pregiudizi, ma anche per i tutti meccanismi inconsci a cui siamo sottoposti e dei quali non siamo consapevoli.

Libri consigliati: 

Fonti:

  1. Neural Predictors of Purchases
  2. Perché si dice che il neuromarketing ha tre cervelli?
  3. Masterclass Neuromarketing

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