“La degustazione del vino è una valutazione oggettiva che ha il compito di dare un giudizio neutrale sulla qualità del vino stesso.”: questo ha detto il sommelier durante il corso di degustazione che ho seguito.
Ma cosa ci sarebbe di vero in questa affermazione se potessimo far degustare lo stesso vino a più persone in luoghi diversi e con differenti luci, diversi stati d’animo e diverse informazioni?
Scopriamo perché il neuromarketing gioca un ruolo fondamentale nella scelta di un vino, e come le informazioni possano alterare la percezione sensoriale durante l’assaggio, rendendo perciò la degustazione non più oggettiva, ma soggettiva.
Le informazioni condizionano la percezione del vino
“Un vino presentato a 45$ viene percepito e giudicato più buono rispetto allo stesso vino presentato a 5$.”
Hilke Plassmann
L’etichetta più bella, la descrizione migliore, il prezzo più alto: le informazioni sul vino possono condizionare le scelte e i sensi, a tal punto da farlo percepire più o meno buono di quanto non sia in realtà.
Vediamo alcuni esempi.
Il prezzo stimola il gusto
É il 2008.
Durante il suo esperimento, la ricercatrice Hilke Plassmann ha offerto ai partecipanti due Cabernet Sauvignon, di cui l’unica informazione disponibile è il prezzo: uno costa 5$, l’altro 45$. (Fonte 1)
Il risultato, al termine dell’esperimento, è che i partecipanti preferiscono di gran lunga il vino da 45$ piuttosto che quello da 5$ (mica scemi!)
Ma vuoi sapere qual è il bello? I vini assaggiati sono gli stessi!
Infatti, grazie all’uso di una macchina per risonanze magnetiche, l’esperimento ha rivelato quali aree del cervello si attivano di fronte ad informazioni diverse.
Plassmann ha scoperto che nel momento esatto in cui si pensa di assaggiare un vino da 5$ si attivano inconsapevolmente la Corteccia orbitofrontale, una piccola area del cervello posta sopra il nostro naso dedicata al gusto e all’olfatto, e la Corteccia prefrontale ventro-mediale: si “accendono” quando una cosa ci piace.
La scoperta, inoltre, ha rivelato che entrambe le aree si attivano ancor di più se il prezzo del vino è ancora più alto, facendolo percepire ancora più buono!
I grafici qui sotto mostrano come i valori relativi alle due cortecce schizzano in alto di fronte ad un vino da 90$ piuttosto che da 10$.

Le parole nel vino toccano i ricordi
“Il marketing non è più una questione di cosa sai produrre, ma di che storie sai raccontare.”
Seth Godin
Le parole hanno un potere enorme: così come nel copywriting, anche nel neuromarketing si usano per scaturire emozioni e ricordi nelle persone.
Nel neuromarketing applicato al vino possiamo trovarle nell’etichetta: compongono una sinfonia di ricordi legati alla famiglia, alla genuinità dei prodotti, al “fatto a mano nelle terre di famiglia.”
Altre volte, invece, servono a descrivere quali sentori e sapori andremo a percepire degustando il vino.
Nell’esempio qui sotto vediamo come il Chianti Classico “Meleto” si limiti a descrivere l’amore e la tradizione per il vino, mentre l’etichetta “Lamole di Lamole” ha un ruolo più descrittivo nei confronti dei sentori del vino.

Un esempio di vino che apprezzo, nell’etichetta e ancor più nel sapore (l’etichetta mica si beve!) è la cantina Castellare di Castellina: la sua particolarità sta nel riuscire a raccontarsi nell’etichetta anteriore, associandosi a valori come il rispetto per l’ambiente e per la natura.

Il neuromarketing del vino applicato ai sensi
Il neuromarketing del vino stimola i cinque sensi per studiarne le reazioni biochimiche (quindi cerebrali) che innescano i comportamenti.
Molti esperimenti condotti negli anni sul vino hanno studiato sia il comportamento singolo dei cinque sensi, sia della correlazione tra senso e senso.
Vediamone alcuni.
L’effetto del suono condiziona la percezione del gusto
Accompagnare l’assaggio di un alimento con una musica di sottofondo a bassa frequenza fa percepire più amaro il prodotto alimentare.
Lo ha scoperto Charles Spence, psicologo esperto nel design multisensoriale che nel 2008, assieme al ricercatore Massimiliano Zampini, ha vinto il premio Ig Nobel per aver fatto percepire una patatina più fresca e croccante di quanto non fosse, modificandone elettronicamente il suono. (Fonte 2)

Il professore Adrian North invece ha dimostrato come la percezione sensoriale cambia in presenza della musica. (Fonte 3)
Durante l’esperimento, North ha notato che:
- il Cabernet Sauvignon viene percepito più intenso e corposo se l’assaggio viene accompagnato da musica forte come “Carmina Burana” di Carl Orff;
- un vino bianco accompagnato da “Just Can’t Get Enough” di Nouvelle Vague viene percepito fino al 41% più fresco e acido rispetto all’assaggio senza musica.
La luce naturale migliora l’esperienza di degustazione
Un altro esperimento condotto da Charles Spence rivela perché la luce naturale migliora l’esperienza di degustazione. (Fonte 4)
Lo psicologo ha scoperto che in presenza di luce naturale si attivano nella retina delle cellule fotosensibili che, producendo melanopsina, attivano l’ippocampo e il Nucleus Accumbens: sono due aree del cervello che controllano memoria e stimoli positivi; insieme rendono l’esperienza più memorabile e gradevole (rispetto ad una luce bianca o verde).

La sensorialità tattica delle parole
Lo studio condotto nel 2012 da Simon Lacey ha dimostrato come si attivino due aree del cervello di fronte a metafore o parole specifiche. (Fonte 5)
Infatti, il cervello presenta due aree legate alla comprensione delle parole:
- l’area di Broca ci fa parlare;
- l’area di Wernicke ha il ruolo di comprensione delle parole.
Usando due frasi con termini descrittivi diversi ma simili, la percezione che si ha del prodotto cambia: infatti descrivendo come “gradevole” la voce di una cantante si attiva l’area di Wernicke, mentre descrivendola come voce di “velluto” si attiva anche la Corteccia somatosensoriale secondaria, l’area destinata alla sensorialità tattile.
Perciò alcuni vini utilizzano particolari termini che stimolano la polisensorialità: esempi di vini sono il Velluto, l’Amarone o Il Bruciato (che al contrario del suo nome, non sa di bruciato ma di frutti rossi, ed è piacevolmente avvolgente!).

Ingredienti e colori stimolano l’olfatto
La semplice lettura degli ingredienti stimola i complessi cellulari che hanno a che fare con l’elaborazione delle parole relative all’olfatto, mentre l’associazione del colore all’odore farà percepire quell’odore in modo più intenso.
Nel 2006, il neuroscienziato Edmund Rolls ha coinvolto un gruppo di persone nel suo esperimento. (Fonte 6)
Al gruppo è stata proposta la stessa etichetta di vino due volte, descrivendone i profumi come “ricchi e deliziosi” nel primo caso, e di “verdure bollite” e “odore corporeo” nel secondo: nel primo caso si è vista la stimolazione del gusto e dell’olfatto con l’attivazione della Corteccia orbitofrontale, mentre nel secondo non c’è stata questa stimolazione.
Il test ha dimostrato che avere più informazioni riguardanti il prodotto contribuisce a modificare la percezione del prodotto stesso.
Esperti e non esperti a confronto
Se mettiamo a confronto il cervello degli esperti del vino con quello degli inesperti, possiamo renderci conto delle notevoli differenze. (Fonte 7)
L’esperto si avvale della propria esperienza per dare un giudizio degustativo, grazie all’uso della Corteccia prefrontale dorsolaterale, area dedicata all’integrazione tra memoria e i comportamenti strategici.
L’inesperto si lascia guidare dalle emozioni grazie all’attivazione della Corteccia orbito frontale destra, l’amigdala e l’ippocampo: in assenza di informazioni dettagliate, è lui il soggetto più incline alle strategie di neuromarketing applicate al vino.
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