Il mercato pubblicitario è sempre più affollato, ormai è difficile guardarsi attorno senza posare lo sguardo su loghi di brand posizionati qua e là. Eppure, la concorrenza è sempre più spietata e agli spazi pubblicitari più noti si aggiungono quelli più bizzarri… anche rimettendoci la pelle!
Venderesti mai il tuo corpo per fare pubblicità ad un brand?
In molti lo fanno: questo fenomeno prende il nome di skinvertising.
Indice dei contenuti
ToggleCos’è lo Skinvertising: vendere la propria pelle per fare pubblicità
La parola già ne preannuncia il significato: skinvertising (skin + advertising) è il termine che indica la pratica di utilizzare il proprio corpo come piattaforma pubblicitaria.
In cambio di pazzesche cifre di denaro per cm² di pelle, rappresenta uno dei tipi di pubblicità che dura più a lungo nel tempo. La sua espressione, infatti, si ravvisa in tatuaggi con loghi di brand che invadono qualsiasi parte visibile del corpo umano.
Lo skinvertising consente quindi alle aziende di farsi pubblicità su “cartelloni pubblicitari che camminano”, ricevendo anche il vantaggio di non doverne pagare nessuna tassa.
Tattoo advertising: quali sono i brand più scelti per un tatuaggio?
Tatuarsi è una scelta terapeutica: marchiando in modo permanente il proprio corpo, l’individuo afferma la propria identità ed unicità.
Ci si tatua per esprimere significati profondi o ancora per ricordare esperienze significative.
Eppure, non è raro che si scelga di avere sulla propria pelle loghi di brand, ormai rappresentativi di simboli che si interpongono come punto di partenza di opportunità sociali.
Secondo un’analisi pubblicata su AdWeek, considerando i top 50 brand ed analizzando gli hashtag contenenti immagini correlate, è possibile farsi un’idea dei brand più tatuati sui corpi delle persone.
La Disney sembra non avere paragoni: con 474.458 contenuti si aggiudica il primo posto. Poco sorprendente considerando che si includono anche tutti quelli che raffigurano personaggi di cartoni animati o film.
A seguire (per gli stessi motivi) si posiziona Nintendo, fino a chiudere il podio con Harley Davidson.
Anche quest’ultimo non è una novità: i dettami del marketing tribale ci fanno capire che il logo di quest’azienda significhi per motociclisti ed anticonformisti un segno per esprimere la “fratellanza” all’interno della loro comunità.
Scorrendo la classifica appaiono ancora Lego, Nike, Vans, Dior, Playstation, Volkswagen ed Armani.
Nonostante questo, però, in molti tatuano loghi che non hanno nulla a che fare con le loro passioni. Spesso, portando sulla pelle anche tatuaggi di aziende ormai fallite.
Il motivo? Alle spalle c’è un bel compenso in denaro.
Quanto si guadagna con lo skinvertising?
10.000 $ per la fronte di Karolyne Smith
È il 2005 quando Karolyne ha bisogno del denaro sufficiente per mandare suo figlio in una scuola privata. Così decide di fare un annuncio su eBay rendendo acquistabile la sua fronte.
Etico o meno, è la piattaforma di casinò online GoldenPalace.com ad approfittarne.
7.000 $ per la nuca di Jim Nelson
Jim porta in giro tutt’oggi il logo di una piattaforma di web hosting che ha da tempo smesso di esistere.
7.000 $ per un tattoo di notevoli dimensioni dietro la testa… forse avrebbe dovuto chiedere di più.
4.000 $ per il viso di Billy Gibby
Una famiglia con 5 figli e bollette da pagare: nel 2007 Billy mette la sua faccia all’asta con un una base di 4.000 $.
Tattoo dopo tattoo Billy viene soprannominato “The Human Billboard” (il cartellone pubblicitario umano) ed addirittura si concede (per 15.000 $) a cambiare il suo nome in Hostgator Mel Dotcom per l’omonima piattaforma.
Fun fact: nel 2013, stanco dei tatuaggi sul viso decide di effettuare la rimozione laser. Per finanziarsi l’ingente spesa dell’operazione vende lo spazio delle altre parti del suo corpo.
15.000 $ per la schiena del boxer Bernard Hopkins
È la fine del settembre del 2001 quando, dopo il disastroso attacco terroristico alle torri gemelle, l’attenzione mediatica di New York si sposta sulla disputa di boxe che avrebbe deciso chi tra i boxer Bernard Hopkins e Felix Trinidad sarebbe stato eletto “campione indiscusso”.
È qui che GoldenPalace.com – la stessa piattaforma di casinò online citata all’inizio di questa lista – ha inaugurato la pratica dello skinvertising come strumento innovativo di guerrilla marketing.
Per superare l’alta barriera dei costi per sponsorizzare l’evento, GoldenPalace.com paga 15.000 $ per scrivere sulla schiena di Bernard Hopkins il dominio della piattaforma. Questa volta però il tatuaggio è all’hennè.
Il sudore dell’atleta fa sbiadire il tattoo durante la competizione, ma l’iniziativa è valsa il risultato. La società, infatti, ha deciso di replicare questa strategia anche con altri 25 boxers (pagandoli dai 5 ai 10.000 $). Ma solo Bernard Hopkins è rimasto il testimonial preferito della piattaforma, riuscendo a guadagnare da questa attività più di 100.000 $ in un intero anno.
Oltre a tutte queste folli storie, molte volte lo skinvertising entra a far parte di un piano di comunicazione strategica più complesso.
Skinvertising e campagne di marketing: un passaparola 2.0
Il passaparola è la forma di pubblicità più antica ed efficace che esista. Lo skinvertising ne replica le dinamiche, passeggiando silenzioso in giro per il mondo a bordo di eccentrici esseri umani.
Come hanno approfittato grandi aziende di questo strumento di comunicazione?
Air New Zealand: un claim su 30 teste rasate
Immagina: torni a casa e vedi il tuo familiare o coinquilino rasarsi i capelli a 0.
Mentre penserai che abbia assunto sostanze stupefacenti, lui/lei sta valutando se sia più conveniente farsi pagare con un biglietto aereo gratis per la Nuova Zelanda (dal valore di 1.200 $) o 777 $ in contanti.
È quello che è successo realmente con l’iniziativa “Cranial Billboards” della compagnia aerea Air New Zealand, la quale ha coinvolto ben 30 persone.
Gli accordi con i partecipanti richiedevano di rasarsi i capelli e di mantenere ben visibile sulla loro testa un tatuaggio semipermanente per 2 settimane di fila: il messaggio del claim citava “Need A Change? Head Down to New Zealand. www.airnewzealand.com”.
Come riportato da un articolo del NY Times, i partecipanti non sono stati selezionati a caso. Molti di loro erano o espatriati dalla Nuova Zelanda o turisti che avevano amato i luoghi visitati: non aspettavano altro che un’occasione per ritornarci.
Questo li ha resi i perfetti brand ambassador dell’iniziativa. Durante la fila del supermercato, in metro o per strada i 30 partecipanti venivano fermati da persone curiose che chiedevano il significato dell’iniziativa fino a 40 volte al giorno (ognuno!).
L’entusiasmo e i ricordi nostalgici sulla Nuova Zelanda che riaffioravano dai racconti spontanei degli skinvertisers erano tutto ciò che il Dipartimento Marketing della compagnia aerea potesse desiderare.
“Il mio lavoro alla fine della giornata come pubblicitario non è quello di ricevere contatti direttamente dal mio cliente. Il mio lavoro consiste nel far sì che altre persone lo facciano e se trovo persone che vogliono parlare di qualcosa per conto di un cliente che vanno a consigliarlo ai loro amici sfruttando il loro fattore di fiducia, allora questa è la definizione stessa di marketing sociale”.
– Peter Shankman, imprenditore
La campagna Cranial Billboards aveva anche uno scopo benefico: i capelli dei partecipanti sono stati donati al gruppo Locks of Love, organizzazione no-profit che crea parrucche da donare ai bambini che hanno subito la caduta dei capelli a causa di condizioni mediche come alopecia, ustioni o cure contro il cancro.
FeelUnique: l’azienda di cosmetici che “strizza l’occhio” allo skinvertising
In molti conoscerete le campagne Pay-per-Click, dove un inserzionista online paga una tariffa fissa ogni volta che un nuovo utente clicca sull’annuncio.
Nel 2009, l’azienda beauty FeelUnique rinnova questo concetto trasformandolo nel Pay-per-Blink (costo-per-occhiolino).
Con l’obiettivo di generare maggior traffico sul proprio sito web per raggiungere più notorietà, l’azienda ingaggia 10 persone (su una selezione di 6.000 candidati) per tatuarsi temporaneamente su un occhio il dominio del sito web.
Gli skinvertisers selezionati avrebbero dovuto fare l’occhiolino ad almeno 1.000 persone per ricevere un compenso di circa 100 pounds. Altrimenti, sarebbero stati retribuiti 10 pence per ogni occhiolino.
Come racconta Daniel Glover, Direttore Creativo dell’azienda pubblicitaria Mischief che ha ideato la campagna, i risultati hanno portato ad un notevole aumento del traffico web e delle vendite.
Ma un occhiolino è così intrigante che seduce davvero tutti: la vera riuscita della campagna, infatti, emerge dalla conquista delle testate giornalistiche nazionali ed internazionali che hanno parlato dell’iniziativa, inserendo il link del nuovo shop di FeelUnique nelle loro pagine (ottima mossa lato SEO)!
Reebok come un diamante: è per sempre!
Ogni anno in Svezia si ripete una delle competizioni di corsa ad ostacoli più popolari della Scandinavia: Tough Viking. È però su quella dell’Agosto 2014 che si concentrerà la nostra attenzione.
Durante questa edizione, infatti, i partecipanti potevano scegliere di intrattenersi prima o dopo la corsa facendosi un tattoo ad uno stand lì adibito.
Si, ma non un tattoo qualunque, bensì il nuovo logo che presentava il rebranding di Reebok.
“Pain is temporary. Reebok is forever.” cita il claim della campagna messa in atto durante l’evento. Un’iniziativa che rafforza il legame del marchio sportivo con il mondo del fitness: passione che non è occasionale, ma che dura tutta la vita.
Ma perché i partecipanti avrebbero scelto di farsi tatuare il logo di Reebok?
Troviamo una prima risposta in un’intervista rilasciata a Le Figarò dal Co-Founder dell’agenzia creativa ideatrice dell’iniziativa: la similarità del logo Reebok con il simbolo “Delta” si afferma sia stata un elemento chiave nella scelta di adesione dei partecipanti.
“Facendo un tatuaggio, le persone dimostrano il loro amore per il Fitness. Il Delta è un simbolo che esprime equilibrio sociale, mentale e fisico, i valori fondamentali di Reebok”.
– Henrik Johansson, co-founder The Viral Company
In realtà, oltre al fanatismo e l’adrenalina dell’evento, gli incentivi erano ben altri e tutti basati sullo skinvertising.
Tutti i visitatori che hanno impresso sulla propria pelle il logo Reebok hanno ottenuto un pacco di prodotti del brand dal valore di 5.000 corone svedesi, che convertite in dollari equivalgono a circa 506 $. In aggiunta, chi si sarebbe tatuato il “Delta” più grande avrebbe vinto un anno di sponsorship di ben 40.000 corone svedesi (= circa 4’000 $).
A vincere la gara è Camilla Nilsson che ha scelto di immolare il retro della sua coscia per la causa.
Le dinamiche della campagna Reebok Forever, comunque, erano già state sperimentate dal brand precedentemente. Durante il SXSW Music Festival del 2013, l’azienda adibì uno stand simile.
I 45 aderenti hanno potuto ottenere gratis un qualsiasi tatuaggio a loro scelta: un’iniziativa che non sembra vincente, fin quando non si legge la testimonianza di uno dei partecipanti su Business Insider, il quale conferma che il potere dello skinvertising risiede nel passaparola, dichiarando: “chiarisco a tutti che Reebok ha pagato il conto […del tatuaggio] ”.
Altri modi in cui le aziende sfruttano i tattoo per fare marketing
Oltre allo skinvertising, i tatuaggi offrono diverse opportunità di comunicazione per lanciare campagne pubblicitarie in linea con i valori del brand.
Un esempio è DuoLingo: richieste come “tatuami Nankurunaisa con gli ideogrammi giapponesi” non sempre vengono ben accolte dai tatuatori, che spesso marchiano la pelle dei clienti con frasi di tutt’altro significato. DuoLingo si propone di scoprirne finalmente la traduzione, premiando alcuni tra i partecipanti con un tattoo di copertura da fare a Parigi:
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Ma i motivi che portano i brand ad utilizzare tattoo nelle loro strategie di marketing possono essere anche altri 6, come riportato in questo carosello
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È eticamente legale fare skinvertising?
Sappiamo tutti che i metodi per guadagnare soldi in modo facile o sono truffe o sono illegali.
Eppure lo skinvertising, per chi ha scelto coraggiosamente di convivere con un marchio di un brand sulla pelle, è un modo legale per raccogliere denaro da investire nel proprio futuro o in quello delle persone che si amano.
È vero, pochi di noi accetterebbero una follia del genere, ma questa scelta non dovrebbe risultarci così poco familiare.
Sono in molti i ragazzi che fanno da “billboard umani” indossando cartelli ai cigli delle strade per segnalare uno shop nelle vicinanze.
Ma ancor meno raro è per tutti noi pagare per poter indossare una T-shirt o un cappellino con loghi di brand in bella vista: quante volte hai indossato una maglia dell’Hard Rock senza pensarci due volte?
Accompagnano momenti importanti della nostra vita, definiscono la nostra identità e ci permettono di trovare spunti di conversazione con gli altri: tattoo e prodotti/servizi di aziende hanno tutte queste caratteristiche in comune.
Conosci qualcuno che venderebbe la sua pelle per dar voce ad un brand?
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